Nell’era dell’ipercomunicazione, il povero “biker comunis” è bombardato da messaggi che hanno lo scopo di condizionarlo, ovvero svuotargli le tasche, inducendolo ad acquisti che definire illogici è eufemistico. Ecco così onesti ciclisti della domenica, con tanto di pancetta d’ordinanza, uscire per il loro giretto tra amici bardati come guerrieri dell’apocalisse: ginocchiere, gomitiere, parastinchi, casco con mentoniera, fanno da contorno a bermuda e maglie con colori visibili anche da Marte, e occhiali a specchio in grado di affondare una portaerei a venti miglia di distanza. Naturalmente, tutta questa zavorra cosmica è l’indispensabile accessoristica necessaria per poter cavalcare il bolide da mondiale enduro: una full con 160mm di escursione avanti e dietro, manubrio così largo da pedalare in modalità crocifisso, e gommata con pneumatici in grado di affrontare pareti da free-climbing. Ed ecco, così conciati, i nostri “biker comunis” affrontare eroiche sterrate e, ma qui l’adrenalina zampilla da ogni dove, financo ben due mezzi gradini di roccia consecutivi a rendere epica l’uscita.
Ora, ironia a parte, quando si affrontano escursioni normali con mtb progettate per affrontare pietraie verticali, c’è davvero qualcosa di eroico (se l’autolesionismo può esser definito tale) dato che con bici simili si deve faticare il triplo per riuscire a raggiungere l’agognato pranzo della domenica.
La soluzione giusta, come al solito, la dà l’uso del buonsenso, che permette di allestire la propria mtb nel modo più adeguato all’itinerario che si deve affrontare.
Come esempio, vi propongo quanto fatto su questa bici che utilizzo per le escursioni medio-facili, come ad esempio quelle lungo i tracciati delle antiche ferrovie.
Non pensate che questi tracciati siano delle comode ciclabili, perché sono tutt’altro. Prendiamo l’itinerario delle Ferrovie Meridionali Sarde: lungo il percorso si trova di tutto, dall’asfalto alla ghiaia della massicciata, dagli stretti sentierini alle sterrate della forestale.
Un itinerario come questo può fare a meno della forcella ammortizzata (e sicuramente non se ne fa niente dell’ammortizzatore posteriore). Inoltre non essendo necessario l’utilizzo di pneumatici a elevata aderenza, è decisamente più conveniente utilizzare gomme scorrevoli, che consentono di andare più veloci (o, a parità di velocità, di faticare meno).

Gli pneumatici installati sulla mtb sono pertanto del tipo Wild Race Michelin, caratterizzati da una tassellatura piuttosto ravvicinata (12mm in direzione circonferenziale tra le mezzerie dei tasselli adiacenti). La geometria della tassellatura, pur favorendo la scorrevolezza, è comunque in grado di dare una ottima aderenza in curva, grazie ai tasselli laterali piuttosto pronunciati (che, poiché toccano il terreno solo quando la ruota si inclina nelle curve, non penalizzano la scorrevolezza).
Coperture come queste consentono di affrontare fondi stradali anche peggiori di quelli di itinerari come quello delle Meridionali. Tuttavia, proprio per il “criterio del buonsenso” che si vuole utilizzare nella scelta degli pneumatici, su fondi stradali più difficili ci sono altri tipi di coperture che garantiscono rendimento e prestazioni migliori.
Su percorsi come quello delle Meridionali, invece, una gommatura come questa è la migliore possibile, e vediamo allora di quantificare i vantaggi che il suo utilizzo comporta.

Utilizzando i valori di pressione corretti per un percorso come questo (2bar davanti e 2.4bar dietro, per un biker di 72-74kg), le scorrevoli Wild Race hanno un coeffciente d’attrito volvente pari a 0,0124 (il valore si riferisce all’utilizzo su sterrate perfettamente battute o su asfalto). Se al posto delle Wild Race avessimo usato delle gomme con una maggiore aderenza, come le Wild Grip della stessa marca, avremmo avuto un coefficiente d’attrito pari a 0,016, e quindi una potenza necessaria per vincere la resistenza al rotolamento superiore del 22,5%.

Ricordiamo che ci sono anche altre resistenze da vincere durante il moto della bici: in piano il 40-60% della resistenza è dovuto all’aerodinamica, per cui possiamo approssimare dicendo che l’attrito volvente incide per circa il 50%. Questo significa che, se gomme con maggiore aderenza come le Wild Grip hanno una resistenza al rotolamento superiore del 22,5% rispetto alle scorrevoli Wild Race, comporteranno complessivamente un dispendio energetico superiore di circa il 10-12% (viaggiando in piano).
Se poi dovessimo usare degli pneumatici con ancora maggiore aderenza, come ad esempio le Wild Rock Michelin (e gommoni simili son sempre più diffusi tra i “biker comunis”), queste avrebbero un coefficiente d’attrito pari a 0,022, e quindi superiore del 44% rispetto alle Wild Race. Questo, per quanto visto prima, comporterebbe un dispendio energetico superiore di circa il 20-24% (ancora in piano).

Si capisce quindi, da questi semplici raffronti, quanto sia importante allestire la propria mountain bike nel modo corretto, per ottimizzare le prestazioni senza faticare inutilmente.
Per chiudere, vale la pena fare una breve considerazione. La mtb presa in considerazione è una Bianchi del ’97, di cui è stato illustrato il recupero in una serie di articoli su questo sito. Bici come questa si trovano oggi a prezzi bassissimi, meno di 50€ (praticamente vengono vendute “a peso”), e sono le mountain bike ideali per realizzare un allestimento “leggero” come quello descritto. Sono inoltre perfette come “muletti” da allenamento, dato che consentono di affinare la tecnica (essendo più difficili da portare rispetto a una front, per non parlare di una full). Da ultimo, ma non certo in ordine d’importanza, va sottolineato che possono essere equipaggiate con componentistica di fascia medio-bassa, ben più economica di quella della mtb “ammiraglia” che ciascuno di noi ha e cura gelosamente, e che grazie al “muletto” può essere risparmiata e utilizzata solo quando davvero si possono sfruttare appieno le sue qualità superiori.
Spero che queste brevi note vi possano essere utili, e che vi consentano sia di spendere al meglio i vostri soldi, che di allestire nel modo più razionale i vostri amati bolidi.
Alla prossima chiacchierata
Stefano Tuveri
(ingegnere e progettista/collaudatore meccanico)

