Questo “progetto” era stato pensato già da qualche tempo, e finalmente in questo mite mese di maggio abbiamo avuto la possibilità di realizzarlo. La Sardegna si presta ad essere attraversata in lungo e in largo anche senza il faraonico progetto di reti ciclabili di cui tanto si parla, grazie all’infinità di strade sterrate o a scarso traffico che collegano i suoi territori. Studiando attentamente le mappe, cartacee e satellitari, è così possibile “costruire” degli itinerari che consentano di pedalare in tutta sicurezza.

Il nostro viaggio, articolato in due giorni, ci ha portato da Macomer a Samassi percorrendo due tappe diversissime tra loro: nella prima abbiamo attraversato il Montiferru, il Sinis e il Campidano di Oristano fino ad Arborea; nella seconda abbiamo raggiunto la Marmilla, seguendo poi il tracciato dell’antica ferrovia che fino al 1956 collegava i piccoli paesi di quella subregione.
Per l’occasione, sono arrivati nell’Isola anche Michele e Alessandro, la nostra Squadriglia Veneta di stanza a Venezia. Col loro arrivo, il venerdì notte, e con la cena al Gasthaus (la birreria che frequentiamo fin da ragazzini, praticamente il nostro “Arnold’s” di Happy Days), è cominciato il nostro viaggio.
Il sabato mattina, raggiunta in mtb la stazione FS di Decimomannu (4km da Assemini), siamo arrivati in treno a Macomer, e da lì abbiamo cominciato a pedalare verso sud.
Fin da subito i boschi hanno fatto da contorno al nostro percorso e, dopo una breve pausa a San Leonardo de Siete Fuentes, ci siamo diretti verso il valico de La Madonnina.
Raggiunta la stele sacra, abbiamo imboccato la sterrata d’accesso al comprensorio del Montiferru, autentico spettacolo della natura.
Abbiamo pedalato fino alle vette dell’antico vulcano, raggiungendo il magnifico punto panoramico presso la gabbia che un tempo è servita a reintrodurre i grifoni nei cieli della Sardegna. Lo spettacolo che si è presentato ai nostri occhi è stato maestoso, con la vista che spaziava dalle lagune dell’oristanese a Capo Marargiu e la costa di Bosa, mentre sotto di noi un tappeto di nubi rendeva ancora più affascinante questa vista aerea (non per niente queste nostre escursioni ci hanno suggerito il nome di Bi(ke)plani).
La discesa lungo le sterrate sconnesse ha richiesto un po’ di perizia in più, dato che le nostre mountain bike erano state allestite con una gommatura “leggera” (che è la scelta migliore quando si deve affrontare un viaggio in mtb, in cui la maggior parte dei fondi stradali sono buoni).

Tornati sull’asfalto, ci siamo lanciati nell’infinita discesa che passa per Cuglieri (dove abbiamo fatto la “sosta pranzo” in un accogliente bar locale), per poi raggiungere la deviazione che porta a un altro luogo di incredibile bellezza: Capo Nieddu e la sua cascata.
Inizialmente abbiamo pedalato su comodo asfalto in discesa, ma a circa 3km sono iniziate le sterrate (per buona parte coperte da meravigliosi prati fioriti) e, a circa 300 metri dalla costa, la strada è sparita e abbiamo dovuto pedalare attraverso un campo di grano che ci ha condotto fino a Capo Nieddu. A questo punto, davanto ai nostri occhi si è presentato un autentico spettacolo della natura, con l’altipiano che termina a strapiombo sul mare da circa 60 metri di quota, e con lui la Cascata di Capo Nieddu, che si getta direttamente nel Mediterraneo.
Il nostro viaggio è ripreso in direzione Oristano. A Santa Caterina di Pittinuri è terminata la discesa (che ci ha accompagnato quasi ininterottamente per circa 35km, dalle vette del Montiferru) e sono cominciati 6km di saliscendi costieri, con viste su tratti meravigliosi di costa, come quello di S’Archittu.
Raggiunta Oristano, alla stazione FS abbiamo “caricato a bordo” Massimo, veterano della nostra banda che ci ha raggiunto in treno dopo il lavoro, e abbiamo proseguito fino ad Arborea, “isola” Veneta in territorio Sardo, che era la meta della nostra prima tappa.
Chiaramente, una volta preso possesso dell’appartamento affittato per la notte, ci siamo preoccupati di risolvere il problema fondamentale del momento: reintegrare le energie dilapidate durante la giornata. Abbiamo così “dato l’assalto” alla Locanda del Gallo Bianco, locale storico di Arborea (fondato negli anni 20, praticamente assieme alla cittadina) situato accanto alla chiesa nella piazza principale, dove i gentilissimi titolari ci hanno consentito di parcheggiare all’interno le nostre mtb, e soprattutto dove abbiamo mangiato (e bevuto) divinamente bene (e a un costo più che onesto).
L’indomani mattina, fatta colazione (sempre al Gallo Bianco), abbiamo proseguito il nostro viaggio, con una seconda tappa che sarebbe stata completamente diversa dalla prima: una “bidda by bidda” che ci avrebbe fatto attraversare tanti piccoli paesini che, come si suol dire, “raccontano la Sardegna più autentica”. Marrubiu, Uras, Mogoro, Masullas, fino ad arrivare a Pompu, località facente parte dell’immaginario collettivo isolano in quanto usata come sinonimo di “luogo lontano da tutto e tutti”, e citata nel detto “eh, a Pompu!”.
Siamo quindi arrivati a Curcuris, raggiungendo il tracciato della Ferrovia della Marmilla. Nella vecchia stazione del paese è stato ricavato un bar ristorante, dove avevamo deciso di fare la nostra “sosta pranzo”, ma la giornata-no della titolare (cui auguriamo che la scortesia mostrata sia stato un infelice episodio isolato) ci ha convinto a cercare altrove un locale dove mettere qualcosa sotto i denti.
L’antico tracciato ferroviario è molto suggestivo e, per quanto alcuni di noi l’abbiano già percorso più volte, è sempre piacevole pedalare dove un tempo sbuffavano arrancanti locomotive.
Superata Gonnosnò, abbiamo raggiunto Baradili, il paese più piccolo della Sardegna (meno di 100 anime), talmente grazioso da sembrare allestito apposta per una mostra d’arte architettonica.
Abbiamo quindi proseguito fino ad Ussaramanna, e lì abbiamo fatto tappa nel bar lungo la strada principale, già eletto a suo tempo come nostro mountain-bar, il cui proprietario ricorda incredibilmente i suoi “colleghi” dei saloon western.
Il nostro viaggio ormai volgeva al termine, ma nell’ultimo tratto si trovano probabilmente le attrattive ferroviarie più affascinanti. Il piazzale di stazione di Villamar è un autentico museo a cielo aperto, e non meno affascinante è la stazione di Furtei, paese dove qualche anno fa si puntò su una tragicomica “corsa all’oro” (che ha lasciato debiti, fallimenti e un lago di cianuro che avvelena ancora oggi tutto il territorio). Chissà se le comunità locali si renderanno conto un giorno che la loro piccola miniera è invece quell’antica ferrovia di cui, incredibilmente (vista l’incuria e il disinteresse) sono ancora presenti tantissime testimonianze distribuite lungo un bellissimo tracciato.
Da Furtei, abbiamo ripercorso l’antica ferrovia fino a giungere a Sanluri (con inevitabile sosta nel mountain-bar accanto alla stazione, oggi utilizzata dall’ARST per il trasporto su gomma), e quindi abbiamo raggiunto Samassi, dove si è chiusa la nostra cicloperipezia.
Il finale ci ha comunque riservato un ultimo brivido, dato che il capotreno inizialmente non voleva farci salire in treno con le bici (è la prima volta che mi capita in 25 anni di utilizzo del servizio treno+bici, anche con treni ben più pieni di questo, che peraltro non era certo affollato) e solo dopo una nostra cortese insistenza ha accettato di farci salire. Va detto, a sua discolpa, che era un capotreno molto giovane, probabilmente di recente assunzione, e in fondo stava solo applicando alla lettera il regolamento, che da a lui la responsabilità di accogliere o meno le biciclette sul treno quando i posti-bici sono già occupati. Il vero problema è che non si può lasciare al buon cuore dei capitreno la possibilità di non lasciare a terra i cicloviaggiatori, specie se ci si propone di far diventare la Sardegna un attrattore del cicloturismo internazionale.
A ogni modo, il treno ci ha portato a Decimomannu, e con gli ultimi 4km in mtb siamo rientrati ad Assemini dove poco dopo, manco a dirlo, siamo andati al “nostro” Gasthaus per concludere degnamente il nostro vagabondaggio lungo la Sardegna Occidentale.
Considerazioni: sulla bellezza dell’itinerario non occorre perdersi in troppe parole, le immagini pubblicate parlano da sole. La lunghezza delle tappe (120km e 1000m d+ la prima, 95km e 600m d+ la seconda) fanno si che un viaggio come questo sia alla portata di chi ha un buon allenamento. Tuttavia, l’itinerario può essere diviso in più tappe (ad esempio in quattro, dimezzando le percorrenze giornaliere), e in questo modo può essere affrontato anche dai cicloturisti (eventualmente prestando attenzione al tratto che porta fino alle vette del Montiferru, dove il fondo stradale dissestato può presentare delle insidie per chi è abituato a viaggiare lungo ciclabili o sterrate ben manutenzionate). Nel pianificare l’itinerario abbiamo scelto di percorrere strade a basso traffico, quando non fosse stato possibile pedalare su sterrate. Ciò non toglie che, anche in presenza di poche auto, vale sempre la regola della prudenza e della massima attenzione (noi abbiamo percorso queste strade nel fine settimana, ma sicuramente il traffico è maggiore nei giorni feriali).
Note sul servizio treno+bici: già in precedenti “diari di viaggio” abbiamo sottolineato la necessità di dotare la Sardegna di un servizio treno+bici degno di questo nome. Evitiamo quindi di ripeterci, limitadoci a dire che, se non si capisce questo, allora non si è capito proprio niente di cosa sia il cicloturismo (e le tanto reclamizzate ciclopiche ciclabili rischiano di essere solo un deleterio scimmiottare paesi ben più evoluti di noi, senza però avere la benchè minima sensibilità riguardo a questo tema)
